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RIFLESSIONI SUL RAPPORTO TRA BANCHE E PMI

Le banche rappresentano, da sempre, nel nostro paese, il primo canale di finanziamento esterno delle imprese e, in particolare, di quelle piccole e medie, caratterizzate da modelli di governo informali, da una limitata articolazione delle forme di finanziamento e da una scarsa apertura verso l’apporto di mezzi propri dall’esterno. Ne conseguono strutture finanziarie orientate verso il debito, a sostegno del quale è posto, spesso, il patrimonio personale dell’imprenditore; ciò determina una commistione non desiderabile con il patrimonio aziendale e, di conseguenza, una valutazione del merito creditizio non trasparente.

Né le concentrazioni bancarie né l’avvento di Basilea 2 paiono avere inciso in modo significativo sulla prassi del multiaffidamento, che è sempre molto presente. La conseguenza è il perpetuarsi di una relazione debole tra banca e impresa, che è caratterizzata da un modesto grado di conoscenza reciproca e ostacola la creazione di rapporti che si protraggono nel tempo.

Molte piccole imprese, pur apprezzando l’idea di instaurare relazioni più strette con uno o pochi intermediari, non sono convinte di procedere lungo la strada della riduzione del numero dei rapporti bancari, anche per il timore di veder ridotta la quantità di risorse finanziarie a disposizione; ciò potrebbe dipendere anche da una percezione di maggiore difficoltà nell’ottenimento del credito bancario come conseguenza del passaggio a Basilea 2.

Le banche hanno difficoltà a dare concretezza ai miglioramenti che Basilea 2 dovrebbe consentire in materia di valutazione del merito creditizio. I problemi derivano, da un lato, dalla scarsa capacità e/o volontà delle imprese di minori dimensioni di fornire alla banca, in modo standardizzato, un’informativa corretta e trasparente e, dall’altro, dalla difficoltà di incorporare nei modelli utilizzati per la valutazione del rischio creditizio le informazioni di natura soggettiva, che riescono a cogliere gli aspetti importanti e peculiari dell’attività dell’impresa.

L’utilizzo di tali informazioni è favorito laddove è minore la distanza tra i centri decisionali della banca e il territorio in cui è inserita l’impresa, poiché l’apprezzamento delle peculiarità locali, dal punto di vista economico e socio-culturale, rappresenta un elemento fondamentale per una loro corretta interpretazione e valorizzazione. Ciò segnala un potenziale vantaggio competitivo delle banche locali rispetto a quelle di grandi dimensioni; così si possono spiegare le recenti scelte di alcune grandi banche, che hanno accorciato il processo decisionale nell’attività creditizia e riassegnato, in materia, un ruolo importante alle sedi periferiche, con l’obiettivo di ridurre i costi di trasferimento delle informazioni e i tempi di risposta alla clientela.

Un aspetto collaterale ma rilevante del rapporto tra banche e piccole e medie imprese è quello relativo all’attività dei consorzi fidi, cui spetta di facilitare, attraverso i propri processi di valutazione, l’apprezzamento del merito di credito da parte delle banche e mitigare, attraverso la propria garanzia, il rischio creditizio, con un effetto positivo anche sui requisiti patrimoniali per le banche. L’efficienza allocativa dei confidi si realizza quando essi sono in grado di indirizzare le risorse finanziarie verso quelle imprese che presentano buone prospettive di crescita e di redditività ma che incontrano difficoltà nel finanziare la propria attività con capitale di debito, sia sotto il profilo della disponibilità che del costo, a causa, principalmente, della scarsa patrimonializzazione e, spesso, della breve storia creditizia.

Una prima area su cui concentrare gli sforzi per migliorare la qualità del rapporto banca-impresa riguarda l’approfondimento, da parte della banca, del grado di conoscenza dell’impresa e del settore in cui opera.

A tal fine assume rilevanza la presenza, all’interno della banca, di adeguate tecnologie e competenze professionali e l’adozione di un assetto organizzativo che faciliti il contatto con l’impresa e l’acquisizione delle informazioni necessarie per selezionare e sostenere i progetti meritevoli.

E’ importante, da questo punto di vista, la capacità dell’impresa di comunicare i propri obiettivi e le proprie esigenze finanziarie alla banca. Perciò occorre che anche le piccole e medie imprese si dotino di strumenti che consentano di approfondire la conoscenza della reale situazione economico-finanziaria e della sua prevedibile evoluzione al fine di comunicare con la banca in modo trasparente, completo e formalizzato. L’imprenditore, spesso attratto e assorbito dalla gestione produttiva e commerciale, dovrebbe dedicare più attenzione e tempo, rispetto a quanto accaduto sinora, alle problematiche di natura amministrativa e finanziaria e il personale dedicato a queste funzioni dovrebbe disporre delle competenze richieste o saperle ricercare. Un ruolo importante, in questo ambito, può essere svolto dai professionisti esterni.

Lo sviluppo dei mercati del venture capital e del private equity, tuttora insufficiente, rappresenta la via per diversificare le fonti di finanziamento delle piccole e medie imprese, anche nell’ottica di un riequilibrio delle strutture finanziarie, necessario per rendere meno difficoltoso l’accesso al credito dopo l’entrata in vigore di Basilea 3. Inoltre, l’intervento di questi intermediari specializzati può consentire all’impresa di accrescere le competenze gestionali, poiché all’intervento finanziario si accompagna generalmente un affiancamento del management, particolarmente utile nelle fasi di crescita. Essi possono svolgere un ruolo importante anche nelle fasi di passaggio generazionale, che rappresentano un momento molto critico nella vita delle piccole e medie imprese a conduzione familiare

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